Il settore pasticceria e l’emergenza Covid-19. Sal de Riso: “Siamo come un albero, il virus ci ha tagliato i rami, ma abbiamo radici solide e sapremo rifiorire”.



 

di Laura  Guerra

Il tempo è fermo, la stagione estiva è alle porte, la Costiera amalfitana è bella come sempre ma vuota come mai prima.

Sal de Riso, il pasticcere che ha reso famoso il lato dolce della Costa D’Amalfi con la sua delizia al limone e con la ricotta e pera, è incredulo.

Questo il suo sentimento e in questo momento con l’attività ferma per l’emergenza sanitaria non è la sua torta con meringa e salsa al lampone.

Pasticceria destinazione di turisti che arrivavano da tutto il mondo per gustare i suoi dolci chiusa;  laboratori dove si impastavano e  producevano torte e monoporzioni che venivano spediti in tutto il mondo per pranzi al ristorante o sottolineare feste, nozze, eventi fermi.

La conversazione fatta al telefono, si svolge stranamente al tempo passato e restituisce nella voce del maestro pasticcere una certa preoccupazione; quel che lo assilla di più è la densità delle incognite che ha fermato 100 dipendenti in cassa integrazione, sussidio che nessuno di loro ha ancora ricevuto e quindi lui ha anticipato loro lo stipendio per dargli un po’ di tranquillità.

I miei ragazzi sono il mio primo pensiero, molti hanno cominciato da piccoli con me anni fa, adesso sono adulti, hanno famiglia, hanno aperto dei mutui, sento una grande responsabilità nei loro confronti, anche per questo voglio essere propositivo”.

Come pensa di riprendere?

“Con i miei collaboratori stiamo studiando delle possibilità di distribuzione diverse che tengano conto di questo scenario di mercato completamente nuovo e spiazzante, mai conosciuto prima. Non abbiamo modelli che ci possono ispirare e dobbiamo provare a sperimentare. Potremmo  provare con il porta a porta usando la rete già attiva di alcuni marchi del freddo presenti in tante zone della provincia. Non è facile cambiare prospettiva, uscire senza uscire da Minori svuotata del turismo internazionale e italiano che era una fetta importante del nostro lavoro”.

Come vede la sua azienda in questo momento?

“Come un albero, i rami sono stati tagliati. Al negozio non possiamo vendere, non sono più le cerimonie e le feste, non consegniamo ai ristoranti, siamo fermi anche con l’estero ma le radici sono solide. Faccio questo mestiere da 32 anni e voglio continuare a farlo, dopo la  potatura i rami crescono più forti di prima”.

Qual è stata la sua prima reazione?

“Volevo sentirmi utile, il dolce è utile e poteva confortare chi lo riceveva e anche noi. Per Pasqua abbiamo preparato migliaia di colombe per gli ospedali sostenendo azioni di solidarietà. 3000 le abbiamo donate agli ospedali di Cava, Mercato San Severino e Costa d’Amalfi e ho raccolto subito l’invito di Chicco Cerea che ha organizzato i pasti per gli Alpini all’ospedale di Bergamo. Ha avuto grande successo la raccolta fondi per l’Ospedale Cotugno che ho finanziato vendendole on line”.

Cosa pensa delle politiche di intervento del Governo?

“Per ricominciare servono liquidità bancaria e un aiuto concreto sui costi fissi: la tassazione sulle utenze, l’uso del suolo pubblico, le spese di sanificazione sono tutte a carico dell’imprenditore, non tutti hanno soldi sufficienti da investire per ripartire sapendo già che gli incassi saranno ridotti. Molti non ce la faranno a ricominciare”.

Cosa sta progettando per il futuro?

“Non vorrei abbandonare i progetti che avevamo di aperture a Bruxelles, in Galleria a Milano, all’aeroporto di Fiumicino e sto studiando come usare lo yuzu, è un agrume giapponese. Voglio farlo diventare il simbolo del nuovo tempo che ci aspetta, ha caratteristiche della  nostra costiera ed è internazionale”.

 

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