“Siamo Tutti Connessi sotto lo Stesso Tetto”. Storia del piatto simbolo di un anno storico.



 

di Laura Guerra

Modena – Italia, Nord America e Asia, tre continenti nello stesso piatto: Piatto dell’Anno 2021 – Mulino Caputo Award e gradino più alto del podio della classifica 50 Top Italy, categoria Ristoranti Oltre i 120€.

Il piatto è “We Are All Connected Under One Roof”: ravioli ‘dumpling’, farciti di pancia di maiale affumicata, con vongole di Goro, con servizio al tavolo di clam chowder, la popolare salsa di vongole del New England, profumata con olio di erbe aromatiche e grattugiata di lime.

Lavoro interculturale di squadra: della carne di pancia di maiale affumicata al forno a legna e laccata con sciroppo d’acero si occupa Jessica Rosval, chef canadese di Casa Maria Luigia; il suo lavoro è completato da Davide Di Fabio e Taka Kondo con carne fresca e un tocco di gelatina al cotechino, sotto la sorpresa sapida una vongola ferrarese di Goro; il goloso boccone viene poi raccolto nella pasta di riso tirata come fosse una sfoglia all’uovo da Choi Jongho, cuoco taiwanese.

Guida il team Massimo Bottura, che firma la creazione dando pieno merito al lavoro dei suoi ragazzi, senza i quali, dice “sarei solo Massimo Bottura e invece Siamo davvero tutti Connessi sotto lo stesso Tetto in una condivisione globale necessaria”.

L’anno è il 2020, quello che passerà alla storia per aver chiamato l’umanità a fare i conti con la pandemia.

Tutti lo stiamo facendo, ciascuno dal posto che la vita e il caso gli hanno assegnato. Ai numeri Uno tocca un’aggiunta di responsabilità etica, ci si aspetta che sappiano prima degli altri da che parte soffierà il vento del futuro.

Massimo Bottura non è uomo che si accomoda fra i luccichii delle proclamazioni. La visione d’insieme ce l’ha sempre ben presente: creatività e esigenze aziendali, poesia e bilanci, piatti stellari, buste paga e cassa integrazione; il ruolo pubblico di portavoce lo mette volentieri e convintamente al servizio del mondo della ristorazione tutta, dalla piccola trattoria da Gemma, dalla Aldina, da Hermes, al ristorante di baita fino ai blasonati fine dining.

Kitchen Quarantine e la riapertura dell’Osteria Francescana, fra gli applausi, il 2 giugno, sono un ricordo che gli appare lontano e un po’ sfocato.

Sta sul qui ed ora e per tutti si chiede “ce la faranno? Ce la faremo?” Basterà il genio creativo per alimentare la speranza nella nuova Resistenza e di un nuovo Rinascimento per le giacche bianche?

E’ più dura questa volta ed è difficile non ascoltare le urla di disperazione che mi arrivano pubblicamente e privatamente in cui sento tutta la paura di dover essere costretti a chiudere per sempre l’attività di famiglia o anche la nuova scommessa di tanti giovani che si sono messi in proprio da poco. Attenzione – sottolinea – anche qui la piccola storia, quella del singolo cuoco è una storia globale. Come facciamo a non capire che un’osteria che chiude è un pezzo di cultura, di territori, di biodiversità che si perdono per sempre?”.

Spinto da questa convinzione, ha preso carta e penna e ha scritto al Governo cui ha formulato le richieste che possono aiutare il settore che, per riaprire dopo il lockdown di marzo, ha investito indebitandosi.

Sono 5 punti chiari: chiusura serale almeno alle 23; liquidità in parametro ai fatturati; cassa integrazione almeno fino alla stabilizzazione del turismo europeo; decontribuzione 2021; abbassamento dell’aliquota Iva al 4% per il prossimo anno.

Mentre scriviamo, da Palazzo Chigi è ancora silenzio e vogliamo credere che si tratti del fisiologico tempo lungo che la politica impiega per arrivare sul governo delle cose. Perché, nonostante tutto, lo chef che ha portato Modena nel mondo, è ancora convinto che la distanza tra la food valley e Roma ci vuole poco a colmarla, “La politica è fatta di coraggio e di sogni. È simile alla poesia. È fatta di immaginazione e di futuro. La politica deve rendere visibile l’invisibile”.

Nel frattempo, fra tutte le cose, anche il Natale arriverà e anche a casa Bottura saranno feste diverse: “Per la prima volta, da 23 anni a questa parte mia suocera Janet non lo passerà con noi a Modena, ma rimarrà negli Stati Uniti. So già che sarà un Natale pieno di nostalgia per la felicità normale che avevamo senza accorgercene”.

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